Acri. Giovedì 15 dicembre scorso. Mancano pochi minuti alle 18. Padre Pietro Ammendola, superiore dell’ordine acrese, riceve la telefonata tanto attesa.
Non solo da lui ma anche dagli altri frati cappuccini e dall’intera comunità. La Quinta Commissione, quella medica e ultima, ha dato il parere favorevole riguardo il miracolo per intercessione del Beato Angelo, all’anagrafe Luca Antonio Falcone (1669/1739). Padre Pietro non sta nella pelle. Egli è un frate che ama il dialogo ed il confronto, trascinatore e coinvolgente.
Attraverso whatsapp, facebook e telefonate, avvisa confratelli e amici intimi. La notizia si diffonde presto in città ed è grande festa. Quindi l’annuncio ufficiale da parte dello stesso Padre Pietro durante una messa organizzata alle 21, proprio per l’evento, in una basilica piena in ogni ordine di posto. Campane a festa, basilica illuminata a giorno. Abbracci, auguri e lacrime, tra i partecipanti. Il miracolo, non più presunto, è stato riconosciuto e nel 2018 Beato Angelo sarà Sant’Angelo d’Acri.
Tutto ha inizio nel marzo del 2010. Acri è in piena campagna elettorale per le elezioni comunali. Poco fuori il centro abitato, in località Montagnola, un giovane, Salvatore P., a bordo di un Quad, perde il controllo del mezzo, finisce fuori strada e va a sbattere contro un palo della linea telefonica. Figlio di una famiglia molto conosciuta e stimata in città, impegnata nel settore della ristorazione e del trasporto pubblico su autobus.
Ai soccorsi, giunti sul posto dopo pochi minuti, le condizioni del giovane appaiono subito gravi. Ha perso conoscenza ed ha molte ferite. Occorre il trasporto all’Annunziata di Cosenza in sala rianimazione. Lo stato di salute non migliora, anzi i medici sono tutt’altro che ottimisti. Dopo qualche giorno gli stessi medici comunicano ai familiari che la situazione è disperata, quasi irreversibile. “Solo un miracolo può salvare il giovane Salvatore”, ammettono, tra la disperazione dei parenti che, molto religiosi, iniziano a raccogliersi in preghiera.
Quindi la decisione di rivolgersi ai Frati cappuccini, allora guidati da Padre Giovanni Loria. I familiari del giovane chiedono di ricevere una reliquia, una richiesta avanzata spesso ai monaci, non solo dagli acresi, che soddisfano senza problemi. Chiedono ed ottengono il cingolo, ovvero il cordone del saio, del Beato Angelo. Viene sistemato accanto ai macchinari che tengono in vita Salvatore. Il tempo passa inesorabilmente, lo stato comatoso permane ed una mattina i medici confidano ai genitori che non possono fare più nulla.
Ed, invece, avviene la svolta. Il giorno dopo Salvatore comincia a dare segnali di ripresa, si muove, bisbiglia e le immagini che i macchinari proiettano sullo schermo, non sono più piatte. Salvatore migliora giorno dopo giorno, esce dallo stato di irreversibilità. I medici, non sanno dare spiegazioni scientifiche e gridano al miracolo. Trascorrono i giorni, la vita di Salvatore non è più in pericolo. Il giovane, però, ha bisogno di una lunga riabilitazione che avviene in un centro specializzato della regione.
Nel frattempo, il cingolo del Beato Angelo, viene sistemato nella stanza della sua abitazione. Ora Salvatore sta benissimo. Dopo aver superato il brutto momento, i familiari, con il supporto dei Frati cappuccini, ma soprattutto di Padre Pietro Ammedola, subentrato a Padre Giovanni Loria, decidono di rivolgersi alla Curia. Gli organi preposti ecclesiastici, raccolgono documenti e testimonianze.
Nel marzo del 2014, inizia l’iter per verificare se si tratti o meno di un vero miracolo per intercessione del Beato Angelo. Nell’ambiente dei Frati cappuccini, vi è stato sempre molto ottimismo e giovedì scorso, dopo due anni e mezzo, la Commissione medica, quella più importante, ha fugato dubbi. Ora devono esprimersi la Commissione diocesana e quella dei Cardinali. Ma la strada è in discesa, il più è fatto. Il prossimo anno Papa Francesco dovrebbe firmare il decreto della Santificazione.
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