E' stato un privilegio e un onore, poter incontrare Asli Erdogan, laureata in fisica (ha lavorato al Cern di Ginevra), scrittrice (“Nessuno il silenzio è più tuo”, è l’ultimo libro) e giornalista turca.
Nel luglio del 2016 fu arrestata con l’accusa di propaganda terroristica dopo alcuni articoli su un giornale filo curdo, liberata dopo cinque mesi (in migliaia festeggiarono in piazza), ora è sotto processo.
Rischia il carcere a vita ed ad oggi non può tornare nella sua Turchia.
Ad Acri per ricevere il Premio letterario Padula, sezione internazionale, 50 anni, sul viso i segni della sofferenza, della tristezza, della paura, dell’angoscia per il suo futuro.
Ma Erdogan è donna coraggiosa, orgogliosa, tenace, fiduciosa. Ed anche disponibile.
“Conosco bene l’Italia, ci dice, poco la Calabria, sono contenta di questo Premio, per molti mesi mi è stato impedito di viaggiare, perché mi avevano ritirato il passaporto, di conseguenza anche di presentare i miei libri e ritirare riconoscimenti.”
Le sue parole sono come macigni, arrivano dritti al cuore, fanno rabbrividire, provocano rabbia, fanno riflettere su cosa succede a molti chilometri da noi.
“In Turchia i mass media sono ridotti al silenzio, oltre duecento giornalisti sono sotto processo, altri sono in carcere, si lavora con la paura che da un momento all’altro possa arrivare la polizia.”
Nota per le sue battaglie a favore del popolo curdo, porta un cognome scomodo, proprio come quello del Presidente della Turchia.
“Erdogan equivale al vostro Rossi (sorride), è stato lui ad ordinare il mio arresto, ma i suoi più stretti collaboratori si sono schierati al mio fianco, uno di loro ha voluto il mio ultimo libro con dedica.”
E’ anche un’attivista, come i genitori che durante i colpi di stato del 1980 e 1990 hanno subito torture in carcere. “Il carcere mi ha distrutta, devo ritrovare la voglia di scrivere, ci dice ancora, ho lavorato per giornali e riviste e nessuno dei miei articoli è mai diventato un caso giudiziario.”
Erdogan è stata tenuta in isolamento per i primi cinque giorni in una cella sporchissima, poi richiusa nella sezione dei prigionieri politici. Sulla Turchia, dice; “Il pensiero unico mi spaventa.”
In sala, durante la premiazione, Erdogan strappa applausi dai partecipanti che ascoltano sbigottiti e pensierosi. Auguri, Asli e grazie all’interprete Selene Lanzillotta.
Cala il sipario sulla decima edizione del Premio Padula, anche quest’anno con un programma ricco e qualificato, cinque giorni intensi e con tematiche attuali ed importanti, dall’immigrazione all’inclusione scolastica, dalle eccellenze enogastronomiche all’emigrazione. L’ultima giornata, condotta da Alberto Matano del Tg1, ha fatto registrare un buon numero di partecipanti.
Con Erdogan sono stati premiati Filippo Veltri, giornalista e scrittore, Anna Rosa Macrì, giornalista e scrittrice, Domenico Dara per la narrativa, Giulia Sissa per la saggistica, Cristina Comencini per la sezione cinema che ha avuto parole di elogio per gli studenti “colti e preparati.” Assente Domenico Quirico, sezione giornalismo, bloccato a Torino dalla neve.
Il Premio è organizzato dalla Fondazione Padula e dall’Amministrazione Comunale, la giuria, presieduta da Walter Pedullà, è composta da Maria Pia Ammirati, Francesco Durante, Nicola Merola, Raffaele Nigro, Santino Salerno.
Il presidente della Fondazione, Giuseppe Cristofaro, vede già oltre ed annuncia altre iniziative sulla figura di Vincenzo Padula, in vista del bicentenario della morte, tra cui borse di studio per studenti e messe in scena di opere teatrali del prete-scrittore, inoltre non esclude la presenza della Fondazione e di tutti i lavori prodotti in circa venti anni, a Matera, capitale della cultura europea per il 2019.
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