Tutto parte nel 1970 quando Francesco Foggia, geologo, docente in quiescenza, allora studente di scienze geologiche, decide di sottoporre all’attenzione di alcuni suoi docenti dell’università di Modena, un campione di roccia prelevato in località Serra di Buda.
Foggia si era incuriosito in quanto quel campione mostrava particolari segni tali da non assimilarlo ad una roccia del luogo (granito, gneiss).
Serra di Vuda (non Buda), 900 metri sul livello del mare, è un colle situato a nord-ovest del centro abitato dove sono presenti rocce magmatiche (graniti) e rocce metamorfiche (gneiss).
Il primo ad esprimersi fu il prof. Bertolani che in occasione di un convegno (1972) disse che la genesi della particolare roccia era da attribuire all’impatto di un meteorite.
Finora questa tesi non è stata smentita ma nemmeno confermata.
Oggi, sull’argomento, perché stimolato dallo stesso Foggia, interviene il prof. Sighinolfi, già professore ordinario di geochimica presso la facoltà di scienze matematiche fisiche e naturali dell'università di Modena e Reggio Emilia.
Ha svolto per lunghi periodi attività didattica e di ricerca presso istituzioni universitarie di vari Paesi anche in qualità di esperto del Ministero degli affari esteri ed attualmente si dedica a studi su fenomeni di impatto di corpi asteroidali.
Sighinolfi ha tenuto una conferenza stampa presso la casa comunale alla presenza di Foggia e dell’assessore alla cultura, Mascitti.
L’esperto, dopo aver effettuato un sopralluogo in località Serra di Buda, ha definito l’affioramento, circa 50 metri, oggi ricoperto da folta vegetazione, di inestimabile valore dal punto di vista geominerario e scientifico.
Secondo Sighinolfi, questi tipi di rocce possono essere associate, al 90%, a folgoriti, ovvero il risultato della fusione del terreno ricco di quarzo.
Si formano quando la scarica elettrica tocca il suolo e nel giro di pochi millisecondi la temperatura supera i 3000 gradi fondendo istantaneamente quarzo, silice e sabbia e creando un ammasso vetroso, lungo da pochi millimetri a qualche metro.
Sighinolfi, esclude che la formazione della roccia sia di origine vulcanica, antropica o per l’impatto di un meteorite ma, per avere la massima certezza, occorrerebbero analisi più approfondite di carattere fisico e chimico che, però, sono lunghi ed anche costosi.
Se la tesi della folgorite (chiamata anche fulmine pietrificato in quanto appare come l'impronta del fulmine sul terreno) dovesse essere confermata, saremmo in presenza di un geo sito interessante, capace di attirare l’attenzione di studiosi di tutto il mondo visto che in Italia siti del genere sono assenti.
I maggiori ritrovamenti, infatti, sono stati fatti in Sud Africa, Malta ed America.
Il ritrovamento di folgoriti è un evento raro, in quanto si tratta di oggetti fragili e, quindi, scarsamente conservabili in natura, anche per questo il prof. Sighinolfi lanica un appello all’intera comunità, alle istituzioni ed all’università della Calabria, perché il sito di Serra di Vuda sia studiato ma nello stesso tempo tutelato.
Oggi, il sito è ricoperto da erba e fusti e nelle vicinanze sono presenti manufatti e ripetitori radiotv.
Un primo importante passo sarebbe quello di recintare l’intera area di proprietà comunale.
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