Quella di Sant’Angelo d’Acri è stata anche una fede costellata di dubbi, tanto che è uscito due volte dal convento.
Ma “la sublimità dell’amore del Signore ha vinto le sue resistenze”, e gli ha fatto capire che la sua missione sarebbe stata fruttuosa “non perché fondata sulla sapienza umana o sulla bravura e talento, ma soltanto sulla forza che emana il crocifisso”.
Lo dice il Cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione delle Chiese Orientali, in una celebrazione solenne del 30 ottobre ad ad Acri, in provincia di Cosenza, nella solennità di Sant’Angelo d’Acri, un cappuccino di Cosenza del XVII secolo, conosciuto come grande predicatore che fece apostolato itinerante prima di morire nella sua città natale, che Papa Francesco ha canonizzato lo scorso 15 ottobre.
Lì, nel grande santuario dove è custodito il corpo del Santo Predicatore, il Cardinale Sandri ha tratteggiato la personalità del Santo alla presenza anche del vescovo eparchiale di Lungro Donato Oliverio, che tra l’altro lo scorso giugno ha ospitato l’incontro annuale dei vescovi cattolici di rito orientale.
Per il Cardinale Sandri, il passo è breve, da Acri in provincia di Cosenza ad Acri in Terrasanta, lì dove i francescani hanno celebrato lo scorso anno gli Ottocento anni di presenza. Ed è breve per via di “quel Gesù la cui passione, morte e Resurrezione hanno rapito il cuore di Sant’Angelo e hanno animato le sue parole durante l’instancabile predicazione di cui fu capace per ben trentotto anni”.
Il prefetto della Congregazione delle Chiese Orientali ricorda come, al termine delle missioni popolari, Sant’Angelo d’Acri costruiva dei piccoli Calvari o innalzava croci, perché ogni Paese vedesse la presenza dell’amore di Dio.
Una intuizione “semplice” che “ci fa comprendere qualcosa che può essere vero per noi anche quest’oggi: possiamo recarci come pellegrini in Terra Santa - ed è bello che almeno una volta nella vita possiamo farlo realmente - ma possiamo ogni giorno far diventare una pagina del Vangelo come la nostra casa, in cui abitare insieme con Gesù”.
Ma il Cardinale Sandri nota anche come il predicatore “non è nato santo, non era già al traguardo all’inizio del percorso”, ma si è “messo in cerca del Signore”, è uscito due volte dal convento, poi ha trovato Dio, che è il solo per cui “vale la pena metterci in cammino, lasciandoci conquistare come sant’Angelo, senza temere anche il mistero della Croce e del dolore”.
Un mistero della croce del dolore da vivere sull’esempio “di tanti nostri fratelli e sorelle”, specie in Medio Oriente, ma anche – ha ricordato il Cardinale – Asia Bibi, “prigioniera da anni in Pakistan per il nome di Gesù, che in carcere pur invocando la giustizia e la verità, ha già perdonato i suoi accusatori e coloro che la tengono prigioniera”.
Fonte ACI Stampa
Il Cardinale Leonardo Sandri in preghiera di fronte la tomba di Sant'Angelo d'Acri
Foto: Congregazione Chiese Orientali
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