Una città, la nostra, agonizzante, malridotta e senza prospettive.
Una città, Acri, tradita da chi aveva promesso quell'inversione di rotta che non c'è stata e dove le fondamentali regole della rappresentanza democratica sono state stravolte e calpestate, ad esclusivo vantaggio di ambizioni personali innaturali e politicamente immorali, per volontà e convenienza di chi ha preso coscienza del fallimento della propria azione politico-amministrativa.
Il quadro, di per se desolante, è reso ancora più triste dalla rassegnazione dei cittadini, costretti a fare i conti, ogni giorno, con i tanti problemi che rimangono irrisolti: dalla (im)percorribilità delle strade ai rifiuti; dalla crisi delle attività produttive, con le tante saracinesche che chiudono, all'edilizia scolastica che smentisce i proclami dell'amministrazione comunale; dalle grandi infrastrutture mai decollate all'immobilismo doloso del dibattito politico; dalle manovre di palazzo sulla mobilità che, ove non rimediate, lasceranno un pesante fardello alla città e alle generazioni future, al depauperamento dei servizi sanitari; dall'inefficienza della macchina comunale alle storture di una giunta formata per meriti elettorali piuttosto che per meriti professionali.
Questi sono i temi che dovrebbero alimentare e stimolare il dibattito politico locale, innanzitutto nella sede del consiglio comunale, e non anche le vicende giudiziarie che vedono coinvolto il sindaco per fatti che, in questa fase, non sono indice di colpevolezza e devono rispettosamente rimanere circoscritti alla sua sfera personale, almeno fin quando la magistratura avrà fatto l'intero suo corso.
Ritengo che il sindaco e la sua maggioranza vadano incalzati sui tanti problemi irrisolti che attanagliano il nostro territorio, inducendoli a prendere atto, per il bene della città, del fallimento politico-amministrativo che è sotto gli occhi di tutti, senza condizionamenti dettati da perverse logiche speculative