Acri. Dopo la chiusura della statale 660, per via dei lavori di ammodernamento effettuati dalla Provincia, chi è diretto o proviene da Cosenza e dalla valle del Crati, deve percorrere la strada comunale Schito Vagno (foto di Ciccio Spina) per raggiungere nel più breve tempo possibile la città pre silana. Dopo le piogge degli ultimi giorni, però, gli utenti hanno deciso che l'arteria si chiamerà Schifo Vagno. Proprio così, in quanto chi la percorre in questi giorni di maltempo, può rendersi conto di quanto sia pericolosa. E', insomma, una trappola. Numerosi già gli incidenti verificatesi per fortuna senza gravi conseguenze. Si tratta di cinque chilometri di tornanti, salite e discese da percorrere assolutamente con la seconda marcia. In realtà è una strada interpoderale che presenta molte criticità: in molti punti è larga pochi metri e non è difficile che due mezzi possano scontrarsi, è sprovvista di illuminazione, cunette e barriere laterali. Vietato distrarsi anche per qualche secondo perché c'è il rischio serio di precipitare nel vallone Duglia.
In direzione Cosenza, lato monte, in molti punti la strada è caratterizzata da ripidi versanti dai quali, in questi giorni, scivolano fango, terra e pietre di medie proporzioni sicchè l'automobilista deve essere così bravo da buttare un occhio sulla strada e l'altro sulle montagne sovrastanti. In più punti, inoltre, sono presenti buche come crateri, che costringono gli utenti a veri e propri slalom rischiando probabili incidenti. La canalizzazione delle acque è completamente assente e, quindi, in occasione di piogge anche minime la strada diventa un torrente. Lungo il percorso, che a tratti rasenta anche abitazioni, è facile imbattersi in alberi recisi e arbusti presenti a ciglio strada o provenienti da monte. Spesso, infine, sebbene il divieto, viene percorsa anche da mezzi pesanti, che creano disagi e lunghe code. Insomma una strada molto pericolosa, già utilizzata nel 1999 quando la statale 660 venne chiusa per lunghi quaranta giorni a causa della frana di Serra di Buda. In quattordici anni il comune non ha mai ritenuto opportuno metterla in sicurezza, dimenticando sia i pochi residenti ma anche il fatto che essa, spesso, è utilizzata quale percorso alternativo.