L’ultimo consiglio comunale di lunedì scorso è stata la manifestazione più drammatica e diretta della crisi di un regime!!!
Non sapremmo come diversamente definire un’amministrazione che si è privata degli elementi migliori, defenestrandoli, per non avere elementi pensanti tra i piedi che distogliessero il sedicente capo dalla sua quotidiana opera di autoesaltazione ed autocompiacimento.
Eliminati gli elementi scomodi, l’unica spina nel fianco rimangono i due consiglieri dissidenti, Intrieri e Caiaro, che mantenendo uno scranno in consiglio, hanno l’impudenza di prendere la parola, criticare ed esprimere ciò che ormai l’intera cittadinanza pensa di questa amministrazione. L’irritazione di chi vuole ergersi a capo (ma poi di chi?) è stata tale da far partire l’ordine ai due più fidi luogotenenti di un attacco violento nei confronti dei due consiglieri, secondo il miglior copione delle gestioni mediocri, che hanno sempre fatto della criminalizzazione del dissenso uno dei loro capisaldi. La cosa stupefacente non è stata tanto l’azione servile dei due luogotenenti. Si tratta di persone che per null’altro verranno ricordate in questa legislatura se non per essere state politicamente dei servi fedeli, prive di autonomo pensiero, pronti a scodinzolare ed obbedire a qualsiasi ordine del loro capo e per questo particolarmente graditi.
Come ogni esercito sgangherato ed alla frutta, anche l’attuale amministrazione si vede costretta a ricorrere all’ausilio di soldati di ventura. Ed è su quest’ultimo che vorremmo concentrarci, per far meglio comprendere alla cittadinanza la stoffa e lo spessore del personaggio. Questo soldato di ventura, che è entrato in battaglia arruolato nelle fila avversarie col sostegno e l’appoggio di coloro che si avversavano a questa amministrazione, non solo ha il coraggio e l’impudenza di passare impunemente dalla parte opposta (rispetto a quella ove era stato collocato dai suoi elettori, per ciò stesso ingannati e traditi) ma pretende di ergersi a giudice dell’altrui condotta, dando del trasformista a due consiglieri che hanno avuto il coraggio di opporsi ad una gestione personalistica e irrazionale della res pubblica (e per questo sono stati CACCIATI dalla maggioranza e posti FORZATAMENTE all’opposizione) e combattere una battaglia, a volto aperto, a favore degli acresi.
Il consigliere Bonacci, forse per deviare l’attenzione della cittadinanza dal suo vergognoso e riprovevole comportamento politico, inqualificabile sotto ogni profilo e ingiustificabile sotto tutti punti di vista, si è lanciato in consiglio comunale in una filippica contro i sottoscritti. In pratica, i trasformisti, i traditori, saremo noi che abbiamo avuto il coraggio di porci criticamente in contrasto rispetto ad un’amministrazione che sta andando alla deriva, e non il consigliere Bonacci, che, tradendo un preciso mandato elettorale e privato ormai anche della scusa dell’unità delle SINISTRE (dopo la defezione di Sinistra italiana) passa dall’altra parte per ragioni a noi completamente sconosciute…
Ci vediamo pertanto costretti a rispedire al mittente le accuse del consigliere Bonacci, il quale né a noi né a nessun altro in questo comune può arrogarsi la pretesa di impartire lezioni di correttezza istituzionale, politica o morale. Per carità di patria, al momento preferiamo evitare di entrare nel merito dei risultati derivati in passato dall’attività amministrativa dell’allora assessore Bonacci (riservando al tema, dettagliatamente, uno dei nostri prossimi interventi).
Ci piace, però, concludere citando un ILLUSTRE cittadino acrese – Vincenzo Padula,, inopportunamente evocato da taluni - che nel sonetto “In morte del fratello Giacomino”, stigmatizzando un nostro habitus, ci ha schiaffeggiato con questi due diversi: “oh vil patria di schiavi e di liberti, fa pur galloria e goditi le soma della tua schiavitù, che ben le merti! Tu m’odi, ma perché? Non sai tu come un dì verrà, quando uno dei tuoi merti, quando una gloria tua sarà il mio nome”.
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