Domenica 20 dalle 7.00 alle 23.00 e lunedì 21 settembre dalle 7.00 alle 15.00 saremo chiamati a votare il referendum per la conferma della legge costituzionale che modifica gli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione italiana. Essendo un referendum confermativo, non è previsto il quorum, quindi chi va a votare decide per tutti. I numero dei deputati passerà da 630 a 400, quello dei senatori da 315 a 200, ed il numero dei senatori a vita saranno al massimo 5.
Come si è arrivati a questa riforma?
Nel 1946, Luigi Einaudi dichiarò all’assemblea costituente, che “quanto più grande e il numero dei componenti un'assemblea tanto più essa diventa incapace ad attendere all'opera legislativa”, altri invece sostenevano che per rafforzare il Parlamento bisognava riempirlo di parlamentari. Si decise di non scegliere non fissando un numero di parlamentari, ma di legarlo in una proporzione rispetto al numero degli abitanti. Questo fino al 1963, quando con una legge costituzionale, si impose il numero agli attuali 945 (630 alla Camera e 315 al Senato). Nel frattempo sono arrivati l’elezione delle province regionali (1964), i consigli regionali (1970) ed il primo parlamento europeo (1979).
Già dai primi anni ’80, quando il M5S era ancora “nella pancia di Giove”, si discuteva su una riforma costituzionale, ma i tentativi che miravano alla riduzione del numero dei parlamentari ed a un parlamento più efficiente, sono tutti falliti.
Ad oggi un terzo dei parlamentari risulta assenteista, con percentuali anche del 70%. Personaggi come Sgarbi, la Brambilla (1,22% di presenza), Angelucci (quello delle cliniche), la Meloni, sono lì per non fare nulla, sbraitare o a scaldare la poltrona, percependo lo stipendio lo stesso, mentre gli altri due terzi lavorano. La riduzione dei costi non è il motivo per cui è stata votata questa riforma, ma è un utile conseguenza della stessa. E’una piccola riforma, invocata da quarant’anni, che non cambia tutto, però è l'unica condizione sine qua non perché noi possiamo modificare la legge elettorale che ci aiuterebbe a risolvere l'altro problema che è quello di scegliere tramite il voto di preferenza che ci è stato scippato dal 2005 col Porcellum.
Questa legge costituzionale è stata approvata quasi all’unanimità, in tutte e 4 i passaggi alle Camere, approvata da tutti i gruppi parlamentari, e chi avanza dubbi oggi lo fa solo in maniera strumentale. E’ una riforma circoscritta, che non altera in alcun modo l’equilibrio tra i poteri e gli organi dello Stato, chiara e semplice, non come quella di circa 4 anni orsono che voleva cambiare oltre un terzo della Costituzione. Questa riforma ci permette di allinearci alla media europea, rispetto al rapporto tra eletti ed elettori. Avremo un parlamento più efficiente, con dibattiti più approfonditi e meno ripetitivi e più qualità nel fare le leggi. Dopo la riforma gli eletti avranno più influenza nell’attività delle Camere, con un maggior controllo sull’attività del Governo, pertanto dovranno essere scelti con maggiore accuratezza, riducendo moltissimo l’assenteismo. L’operato degli eletti potrà essere controllato meglio da parte dei cittadini, questi ultimi conteranno di più ed i parlamentari dovranno essere molto più responsabili. Dopo anni in cui si diceva che si chiedono sacrifici solo agli italiani, adesso che il parlamento effettua una “cura dimagrante”, è stato intrapreso un percorso di autoriforma delle istituzioni, invocato a gran voce dai cittadini che vogliono dire Sì al cambiamento. Le ragioni del No sono estremamente deboli, confuse e contraddittorie, molti costituzionalisti lo hanno sottolineato. Le ragioni del Sì sono invece solide, chiare e coerenti con ciò che da decenni tutti hanno sempre proposto.
E’ il momento di passare dalle parole ai fatti. Per questo ognuno di noi deve dire #IoVotoSì al referendum.
ORA O MAI PIU’!
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