L'ultima seduta del consiglio comunale ha visto il succedersi di una serie di eventi che meritano un momento di riflessione e un'analisi approfondita, come atto di chiarezza e di rispetto nei confronti di una città, che, attonita e sbigottita vede la politica perdersi in arzigogoli e bizantinismi in un momento tra i più duri e drammatici della propria storia.
Vorrei iniziare questa mia analisi con le scuse sentite nei confronti di quei componenti del direttivo del PD, che si sono sentiti offesi dalla mia reazione stizzita in Consiglio, di fronte ad un atteggiamento di preclusione verso quella che è UNANIMEMENTE vista come l'unica via d'uscita. Di questo sono sinceramente dispiaciuta ma - come sa chi mi conosce e com'è facilmente verificabile dalle registrazioni del Consiglio - quanto ho detto era solo e soltanto il frutto di una reazione a un atteggiamento provocatorio. Invito, pertanto, chi non fosse stato in contatto radio in quel momento, a risentire la reazione al mio intervento da parte del capogruppo del PD. In ogni caso, rinnovo ancora le mie scuse ai componenti del direttivo.
Ciò premesso, mi corre l'obbligo di spiegare alla città lo scenario che, come rappresentanti in consiglio, ci siamo trovati di fronte: bisognava optare tra l'adesione a un DECRETO SALVA ACRI e la DERIVA DEL DISSESTO. Di fronte a questo bivio, la sottoscritta ha visto come imperativo morale il voto favorevole al decreto salva Acri, che non poteva prescindere dal riconoscimento dei debiti fuori bilancio (a meno di pensare che gli stessi si sarebbero magicamente dissolti o, magari, sarebbero stati pagati da babbo Natale).
Il voto favorevole era, inoltre, logica conseguenza del ricorso avverso il dissesto che il PD stesso ha autonomamente presentato. Ricorrere avverso il dissesto e non votare un piano che tenta di evitare lo stesso sarebbe stato come trovarsi in mezzo all'oceano in una zattera, invocare aiuto ad una nave e sparare contro la scialuppa che da questa viene inviata.
In sintesi, che cosa è successo? Il voto favorevole implica l'assunzione di responsabilità in proprio dei consiglieri: la sottoscritta è conscia di ciò che rischia, compreso il fatto di mettere a repentaglio tutti i propri averi per rispondere di questa scelta. Di fronte a questa assunzione di responsabilità, c'è stato chi, comprensibilmente, si è tirato indietro e, in nome di un'umana paura, ha condotto tutto un partito su una linea suicida. E' appena il caso di sottolineare che, chi non si è assunto quella responsabilità, è presente in Consiglio da ben tre consiliature, mentre la sottoscritta e altri componenti del consiglio sono neofiti che non hanno alcun rapporto con ciò che è successo negli ultimi vent'anni. Provate a immaginare cosa sarebbe successo se, per un problema contingente, una parte dei consiglieri di maggioranza o dell'UDC non si fossero presentati: il Comune di Acri sarebbe stato, definitivamente e senza appello, dichiarato in dissesto finanziario.
Sul piano personale comprendo la paura. Faccio, invece, molta fatica a comprenderla da parte di politici navigati che hanno ambito e ambiscono a rappresentare la città ai massimi livelli.
La sottoscritta, con convinzione, ha ritenuto un dovere non prescindibile l'assunzione di questa responsabilità.
Quanto espresso come atto di rispetto verso la città e non altro.
Il PD di Acri, nella sua autonomia, faccia le proprie valutazioni e rifletta su ciò che è successo. Per quanto mi riguarda, non ho intenzione di continuare un rapporto, che è sempre più sbilanciato e viziato dal pensiero monocratico, da anteporre persino agli interessi generali della città.
Con l'augurio che il pluralismo e il rispetto della diversità ritornino in essere nel PD di Acri e con la sincera e fondata speranza che – come in un passato lontano – possano nascere nella nostra città altre sezioni e centri di aggregazione del PD in cui si possa guardare più in la dei personalismi e dei piccoli interessi personali e di bottega.
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