COSENZA. “Chiedo scusa se vi faccio perdere tempo”. Così Angelo Gencarelli, ex consigliere comunale, prima Fi e poi Udc, ha iniziato la sua deposizione spontanea nel corso dell’ennesima udienza, del processo Acheruntia, tenutasi martedì 25 ottobre al tribunale di Cosenza. Gencarelli è accusato di associazione mafiosa, estorsione, concussione, corruzione elettorale, usura, frode informatica e porto abusivo di armi. L’uomo, sospettato di essere l’anello di congiunzione tra il clan Lanzino e le istituzioni pubbliche, oggi in carcere, al termine dell’udienza ha chiesto di rendere dichiarazioni spontanee. “Ho fatto diversi lavori nella mia vita, dal 1991 al 2000 sono emigrato fuori regione in cerca di un’occupazione. Ho svolto più mansioni poi sono tornato e mi sono occupato di politica. Sono stato eletto e sono rimasto in carica fino al 2013. Se avessi voluto delinquere lo avrei fatto prima del 2000 non quando ormai rivestivo un ruolo istituzionale ed ero stato assunto da un ente in house della Regione Calabria. Nella mia macchina sono transitate centinaia di persone, buone e cattive, ed io ho speso una parola di conforto per tutti”. Nelle oltre quattrocento conversazioni intercettate emergono, secondo quanto reso dal maresciallo, Carmelo Evoli, inquietanti particolari per tutti i 24 indagati. A far scattare le indagini, durate oltre tre anni, sarebbe stato il ritrovamento di un ordigno esplosivo rudimentale che avrebbe dovuto fungere da messaggio intimidatorio per un imprenditore acrese. Da qui le intercettazioni ambientali, quindi gli arresti e gli indagati nel luglio 2015. La prossima udienza è fissata al 15 novembre.