Cosenza. La Calabria, sfortunatamente, soffre di tutte le emergenze naturali: terremoti, dissesti idrogeologici, erosione delle coste, incendi boschivi ed anche di maremoti, chiamati anche tsunami, termine giapponese che indica una improvvisa e massiccia inondazione provocata da instabilità del fondo marino. La Calabria è esposta anche a questi tipi di fenomeni verificatisi già in passato. Nel 1783 un violento terremoto provocò il distacco di una grossa parte di una montagna in mare che provocò un forte maremoto, nel 1908 un sisma di magnitudo 7.0 causò un violento tsunami con onde fino a quindici metri e nel 2002 materiale vulcanico di Stromboli cadde in mare generando onde alte anche undici metri. Fortunatamente i maremoti sono meno diffusi ma se dovessero succedere, la situazione sarebbe ancora più tragica di allora visto che, nel frattempo, sulle coste, case e infrastrutture si sono moltiplicate. Ma la causa maggiore di un probabile maremoto che coinvolga le coste calabre, è il Marsili, il vulcano sottomarino più voluminoso d'Europa. Il suo cratere è localizzato in mare aperto, a pochi chilometri dalle coste tirreniche. Si eleva per circa 3000 metri dal fondo marino e, secondo gli ultimi studi, la sua area di base è circa 2000 chilometri quadrati. Marsili è un vulcano attivo e il rischio che, prima o poi erutti, è abbastanza concreto. Gli esperti e gli studiosi ne sono convinti. Negli anni passati si sono registrati numerosi maremoti ed i fenomeni più gravi si sono verificati proprio nel Tirreno Meridionale. Il dato preoccupante è che le aree costiere calabre e sicule sono molto urbanizzate. Onde anomale potrebbero, quindi, mietere molte vittime ma anche creare danni ad infrastrutture di notevole rilevanza come aeroporti, porti, centrali elettriche, impianti industriali, strade e ferrovie.
C'è di più. Non esiste un Piano di Protezione che riguarda il comportamento da adottare nel caso in cui il maremoto avvenga nel periodo estivo quando le spiagge sono frequentate. Il risveglio del Marsili, insomma, potrebbe essere drammatico per i paesi costieri della Calabria, della Campania e della Basilicata. Un possibile approccio di difesa è il sistema di monitoraggio ed allertamento adottato lungo le coste dell'Oceano Pacifico dal Pacific Tsunami Information Center (PTIC) con sede alle Hawaii: esso è costituito da una rete internazionale di stazioni sismiche e mareografiche che trasmettono in tempo reale le informazioni ad un Centro di elaborazione dati. Quando nella regione si registra un terremoto, il Centro analizza immediatamente i dati, cercando di valutare la possibilità di genesi di uno tsunami ed in caso affermativo, viene immediatamente diffuso un allarme. Poiché il processo di analisi dei dati dura almeno un'ora, risulta impossibile allertare in tempo utile le coste ubicate a meno di circa 500 km dal punto di origine del maremoto. Nel Mediteraneo, fatta eccezione per Stromboli, manca un sistema di allertamento. Dopo l'emergenza del dicembre 2002, la Protezione Civile nazionale ha predisposto un piano di allertamento, basato su sensori-boa e su piani di evacuazione. Per le coste della Calabria, però, anche un sistema di monitoraggio ed allertamento avanzato "tipo PTIC" potrebbe risultare poco efficace poiché le onde anomale raggiungerebbero le coste in pochissimi minuti per l'estrema vicinanza delle sorgenti scatenanti come faglie, frane, vulcani.
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